A breve la Svizzera, grazie al solare fotovoltaico, potrebbe coprire una bella fetta del fabbisogno elettrico in inverno, con il beneficio poi di avere negli altri mesi tanta elettricità a prezzi molto bassi. In estate, l’elettricità eccedente il fabbisogno quotidiano, verrebbe usata per ricaricare batterie, pompare acqua nei bacini o produrre idrogeno. Rimarrebbe però sempre del potenziale inutilizzato così da rendere inutile l’elettricità di banda, cosa che impedisce a nuove centrali atomiche di essere redditizie. Diverse centrali a carbone in USA e Australia hanno già chiuso e altre chiuderanno per questo motivo. L’unico modo per rendere l’energia nucleare competitiva in Svizzera è quello di impedire la costruzione di impianti fotovoltaici.
Nel nuovo contesto climatico, per il Ticino, sarebbe molto vantaggioso avere un’abbondante produzione di fotovoltaico, perché ci permetterebbe di usare meno acqua in estate, arrivare in inverno con i bacini pieni e quindi essere indipendenti e avere sempre prezzi dell’energia contenuti. I partiti della maggioranza di governo hanno però sempre frenato il fotovoltaico, così, nella scorsa estate, quando i bacini ticinesi sono rimasti con poca acqua, le aziende elettriche, invece di vendere, hanno dovuto acquistare elettricità a prezzi esorbitanti. Risultato: perdite milionarie ed ennesimo aumento dei prezzi dell’elettricità a carico di ditte e famiglie.
Neanche la guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi e la siccità prolungata del 2022 sono riusciti a fare cambiare idea alla destra. Infatti, si sono scagliati contro la legge federale in votazione il 18 giugno 2023 che favoriva lo sviluppo del fotovoltaico. Autolesionismo puro per il Ticino, ma purtroppo comprensibile se si considera l’importante partita della riversione (riacquisto) degli impianti idroelettrici alpini. Avere aziende elettriche ticinesi in difficoltà finanziaria e non in grado di offrire prezzi competitivi, è un significativo vantaggio per i cantoni svizzero tedeschi, attuali proprietari, che non vogliono farseli portare via. Per loro, l’attuale dirigenza ticinese dell’UDC e della Lega è una vera e propria benedizione. Albert Rösti, Consigliere federale (UDC), commentando i risultati della votazione, ha detto che le centrali nucleari ritorneranno a essere un tema se falliranno le rinnovabili. Marco Chiesa, presidente dell’UDC svizzera, ubbidiente, pochi giorni dopo, ha rilanciato la costruzione di nuove centrali atomiche. Neanche ci provano a fare qualcosa. L’alternativa nucleare, che nella migliore delle ipotesi non sarebbe disponibile prima del 2045, è un appiglio per sabotare la transizione energetica decisa dal popolo, mantenere il fossile e salvaguardare i giganteschi interessi che ci stanno dietro.
Si definiscono patrioti e dicono di preoccuparsi del nostro borsellino, ma la loro politica, nei prossimi trent’anni, obbligherebbe gli Svizzeri a spendere 250 miliardi di franchi per acquistare energie fossili all’estero (stima prezzi medi ultimi anni) e ritrovarsi punto a capo. Tre volte e mezzo rispetto ai 70 miliardi stimati per la transizione energetica (fonte pro-nucleare del 2020), che però renderebbe la Svizzera e il Ticino indipendenti energeticamente e garantirebbe, anche dopo il 2050, prezzi dell’energia stabili e molto competitivi.
Usando invece come riferimento i prezzi del 2023, l’acquisto di energie fossili nei prossimi trent’anni ci costerebbe 390 miliardi.