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Reinserimento lavorativo degli invalidi psichici

Un concetto di guarigione non adatto alla malattia psichica

L’Assicurazione Invalidità usa un concetto di guarigione che è strettamente legato alla capacità lavorativa. Sul modello delle malattie fisiche, una persona che ricomincia a lavorare regolarmente, è considerata guarita e perde la rendita AI.

Questa visione differisce però totalmente dall’idea che ha il malato psichico. Chi ha un disagio psichico si sente sempre vulnerabile e costantemente a rischio ricaduta. Il malato psichico ha necessità di sentirsi protetto e assistito nel lungo periodo.

Paradossalmente succede che, in mancanza di garanzie finanziarie nel lungo termine, sono proprio i tentativi fatti per reinserire le persone nel mondo del lavoro che portano i malati psichici a peggiorare. L’idea infatti di “ridiventare abili” è strettamente legata all’insopportabile idea della perdita della rendita AI. Molti malati psichici peggiorano la loro condizione di salute per il fatto che sono tenuti ad esternare la loro malattia, la loro vulnerabilità e la necessità di potere continuare a percepire la rendita AI. Il dovere spiegare agli altri che sono malati, li porta a peggiorare il proprio stato di salute. Non possono stare meglio temporaneamente, perché questo farebbe perdere la rendita AI.

Non c’è quindi da stupirsi che l’Assicurazione Invalidità (AI) sia diventata, per la gran parte degli invalidi psichici, una specie di buco nero dal quale non si riesce a uscire e che le misure studiate per il reinserimento hanno dato esiti modesti.

Il momento opportuno per favorire il reinserimento lavorativo

In un mondo lavorativo sempre più competitivo, dai ritmi veloci e stressanti è del tutto normale che le aziende, a parità di altri elementi, preferiscano persone che sono disponibili al 100% e che non hanno problemi di salute.

La possibilità di assumere persone che provengono dall’estero è stato certamente un incentivo a non prestare molta attenzione al reinserimento di persone con difficoltà psichiche (e altre categorie di persone con difficoltà ad inserirsi). Questa situazione è però molto negativa anche per il mondo economico, in quanto sono poi in definitiva le imprese che devono sobbarcarsi i costi sociali.

Molte imprese svizzere sono preoccupate per la possibile mancanza di personale dovuto alle conseguenze della votazione del’8 febbraio 2014. È il momento opportuno per cercare di fare rientrare nel mondo del lavoro le persone che sono rimaste escluse, per motivi attinenti alla loro persona o salute.

Misure d’accompagnamento sul lungo termine

Per un malato psichico la possibilità di avere un lavoro è una prospettiva economicamente e socialmente interessante. La paura di perdere la rendita AI è però molto forte, sconvolge e impedisce alle persone di trovare una collocazione.

Per fare rientrare le persone nel mondo del lavoro, bisogna quindi riformulare il concetto di guarigione per le malattie psichiche. Bisogna uscire dalla logica sano/malato, in modo tale che si possano offrire garanzie finanziarie sul lungo termine. La persona deve essere sicura che, se dovesse perdere il lavoro, potrà riavere immediatamente la rendita. In questo modo si sentiranno più sicuri di iniziare un temporaneo inserimento nel mondo del lavoro, che è il primo passo per successivi tentativi.

La situazione attuale è insoddisfacente per le persone, ma anche per le finanze dell’AI. Con una garanzia di rendita, molte più persone si sentirebbero di provare a rientrare nel mondo del lavoro. Per le casse dell’AI sarebbe già un vantaggio avere delle persone invalide a cui, anche per un periodo limitato, non si deve pagare la rendita. I vantaggi per l’AI sarebbero notevoli, se poi il rientro nel mondo del lavoro dovesse risultare “permanente”.